La Seconda Guerra Mondiale con gli occhi di un bambino di Cernusco

Tutto comincia sull’onda dei ricordi. Il narratore è un signore cernuschese – Ferruccio Barni – classe 1939 che, con una naturale ed elegante inclinazione alla narrazione descrittiva, riesce a rendere vivide e palpabili le immagini in bianco e nero della seconda guerra mondiale cui siamo abituati.

Siamo a Cernusco sul Naviglio, precisamente nella residenza La Castellana, antica dimora signorile di campagna risalente, in alcune sue parti, al secolo XII, tutt’oggi conservata ed abitata dai proprietari, la Famiglia Barni, discendenti di Monsignor Luigi Biraghi, fondatore dell’ordine delle Suore Marcelline, il cui padre – Pietro Biraghi, facoltoso agricoltore proveniente da Vignate – l’ acquistò nel 1801.  Quando ebbe inizio la Seconda Guerra Mondiale, Cernusco sul Naviglio non era diversa da moltissimi altri Comuni italiani. Era il tipico paese di provincia con le strade sterrate e contava poco più di 5.000 abitanti. I principali mezzi di sostentamento delle famiglie erano l’agricoltura e la produzione della seta, di cui la Filanda ne è l’emblema.

Ecco i genitori di Ferruccio Barni, entrambi poco inclini al fascismo e al concetto di Podestà: il padre, professore di Storia del Diritto, arruolato in Fanteria, rientrò a Milano nel periodo dell’8 settembre,  dove – destino volle-  riuscì a non subire gli arresti e, ricoverato all’Ospedale di Mombello, conobbe  fra i degenti  alcune personalità illustri, come il Professore e Cavaliere Carlo Besta, Indro Montanelli e il Duca Giuseppe Visconti di Modrone, padre, inoltre, del regista Luchino Visconti.La mamma Franca, attivista politico-amministrativa, Assessore ai Servizi Sociali: donna fiera, sagace, moderna, fu forzosamente allontanata dal Paese dalle autorità fasciste e costretta a ritirarsi a Rapallo presso la suocera. Poté fare rientro in famiglia solo dopo l’8 settembre del ’43, aiutata da Monsignor Guidali, un’istituzione per la Cernusco dell’epoca, e con mezzi di fortuna. Ferruccio Barni, allora piccolissimo, durante l’assenza dei genitori stette nella casa di famiglia, la Castellana, con la tata e la sorellina, a stretto contatto inoltre con le famiglie dei contadini che vivevano e lavoravano, numerosissimi, nelle cascine annesse alla proprietà.

Con l’ingresso dell’Italia in guerra, ci fu una mobilitazione generale. La chiamata alle armi degli uomini mise in crisi le famiglie che si trovarono senza più manodopera nei campi e private di quei minimi proventi che garantivano le attività maschili. A Cernusco, come dovunque, rimasero anziani, bambini e donne, le quali moltiplicarono i loro sforzi adattandosi a svolgere, oltre al proprio ruolo di massaia, anche lavori particolarmente duri e sfiancanti. Con il protrarsi della guerra fu necessario razionare viveri e vestiario, per cui furono introdotte la “carte annonarie”, che regolamentavano i consumi della popolazione. Con una carta annonaria, che spettava ad ogni persona, potevano essere acquistati 5 Kg di farina, 2Kg di pasta, 0,2 Kg di zucchero e 0,25 l di olio, ed altri beni indispensabili per la vita quotidiana. Occorre sottolineare che spesso la popolazione non aveva il denaro per disporre della carta annonaria e che spesso la penuria di viveri era tale da non riuscire ad acquistare ciò che era previsto dalla carta stessa. Oltre a scarseggiare, tali prodotti erano carissimi: a titolo esemplificativo basti pensare che a livello nazionale la farina raggiunse le 20.000 lire al quintale ed il sale le 300 lire al Kg., mentre lo stipendio mensile  tipo di un maestro di scuola elementare ammontava a circa 850 lire.

Se in città la situazione era gravissima, regnava il contrabbando e le infinite code presso negozi e botteghe erano una prassi –  la gente infatti tendeva a sfollare verso le campagne –  nei paesi, seppur nei sacrifici massimi, si stava meglio. Ogni famiglia tendeva a consumare ciò che produceva, realizzando eventualmente scambi con altre famiglie e riducendo drasticamente l’acquisto di generi alimentari. Alla Castellana molti prodotti fondamentali come latte, burro, strutto, frutta, verdura, grano e carne non mancavano e tutto sommato, nonostante il clima bellico ostile, si poté contare su ciò che veniva autoprodotto. Si assistette a un grande sforzo da parte di coloro che restarono in paese e nella memoria di Ferruccio Barni è viva la dimostrazione di un grande senso di solidarietà cui persino i bambini partecipavano.

I ricordi si rifanno allo scorrere delle stagioni. A gennaio si macellavano le bestie, e a giungo si festeggiava il Raccolto. Le casa in inverno era intiepidita dalla grande stufa a carbon coke, grazie alla quale ci si poteva riscaldare e lavare con acqua calda.  Mentre nei letti, di notte, non potava mancare la boule in allumino, ad ammortizzare il freddo gelido delle lenzuola. Durante le calde estati si giocava fuori, si raccoglieva l’erba medica, si bagnava il giardino per aiutare i grandi, ma ci si doveva anche difendere dagli insetti e dalle fastidiose mosche con la carta moschicida. Ricordi propri dell’infanzia, ma nitidi e assolutamente fedeli alla concretezza dei fatti.  Le giornate avevano ritmi piuttosto precisi. Intorno ai tanti bambini della Castellana ruotavano le attività contadine, distribuite anche ai più piccoli.

 

La giornata tipo di Ferruccio Barni e dei bambini della Castellana?
Sveglia presto e una colazione frugale. I bambini che ancora non andavano a scuola, come Ferruccio, dovevano raccogliere di buon’ora le foglie del gelso, alimento principale dei voracissimi bachi da seta, da consegnare in Piazza Gavazzi, dove confluivano tutti i bozzoli. Ci si andava a piedi, di altri mezzi non v’era traccia, se non di qualche bicicletta riservata agli adulti per le grandi distanze. I pranzi e le cene erano costituiti da ingredienti semplicissimi, facilmente reperibili, ma venivano preparati con cura, proprio perché occorreva fare di necessità virtù. Nel pomeriggio si poteva riposare o passare qualche ora in cortile giocando ai passatempi di quel periodo come la lippa, il mondo, le piste con le biglie di terracotta.

Si tornava poi a dare una mano per la preparazione dei mangimi degli animali, per lo più polli e conigli, e in inverno si spalava la neve. Ai piedi zoccoli e scarponi, ma la domenica scarpe di cuoio per tutti. Barni ricorda con allegria e grande senso di rispetto i contadini più anziani nelle domeniche di messa: alti, imponenti e bellissimi, avvolti nei loro lunghi mantelli, con i  baffi ordinati e arrotolati all’insù. Le sere ci si riuniva nella stalla, dove si stava in tanti, al caldo, ad ascoltare la Radio e le storie di vita locale raccontate dai più anziani.  I pilastri della conversazione erano Giuseppe e Natale Pastori (Pepìn e Natalìn), i cui racconti avevano per i più piccoli il fascino indimenticabile delle avventure di Salgari.

Ferruccio Barni bambino alla Castellana
Ferruccio Barni bambino alla Castellana

Nel ’42 i bombardamenti sulle città. Le bombe , erano un’arma di attacco anche psicologico. Nelle città erano infatti spesso precedute o seguite da lanci di volantini che, insieme a Radio Londra, rappresentarono una forma di comunicazione a senso unico –  ma di contatto –  con il nemico: le  centinaia di volantini che generalmente di mattina e in seguito agli attacchi aerei ricoprivano il suolo, insinuavano la consapevolezza – con l’intensificazione dei bombardamenti nell’autunno del 1942 – che  l’Italia stava per essere sconfitta, e che mantenerci alleati  con la Germania avrebbe protratto i bombardamenti sulla nazione.

Cernusco non subì attacchi, contrariamente invece alle zone ferroviarie limitrofe come Limito, Segrate, o Sesto San Giovanni. Il suono acuto delle sirene giungeva sino in paese. E si temeva il famigerato “Pippo”: questo era il nome con cui venivano popolarmente chiamati, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale, gli aerei da caccia notturna che compivano solitarie incursioni nel nord Italia. I “Pippo”, a differenza dei grandi bombardieri che colpivano da alta quota, arrivavano in volo radente, per evitare la contraerea, sganciando bombe o mitragliando nel buio della notte. Si rendeva perciò necessario oscurare le finestre per non essere individuabili dagli aerei.

Dal ’44 la situazione bellica si aggrava e i ricordi di Ferruccio Barni si fanno più consapevoli: per lui comincia la scuola, il primo anno le lezioni si tengono presso la casa della maestra Casati per proseguire regolarmente alla Manzoni, ma contemporaneamente l’Italia vive gli anni più drammatici della guerra. La paura e un senso di oscurantismo comunicativo si affermano anche negli animi dei più piccoli.

Arrivarono le truppe tedesche, violente, aggressive, invasive. La Villa Biraghi stessa fu un comodo presidio e venne occupata da una squadra proveniente dal Sud in cerca dei gruppi di partigiani antifascisti, costituti da una gioventù borghese ed emancipata: nemmeno Cernusco fu esente dai rastrellamenti da parte delle forze dell’ordine. Chiunque avesse fornito notizie, avrebbe ricevuto in cambio viveri e generi utili. Non mancarono infatti le spiate e, sempre nel ’44, alcuni partigiani vennero fucilati in Viale Assunta.

L’esercito sovietico e quello statunitense si incontrano il 25 aprile, tagliando la Germania in due. Il 27 aprile mentre gli Alleati si avvicinano a Milano, Benito Mussolini viene catturato da partigiani italiani mentre stava cercando di fuggire in Svizzera insieme a Claretta Petacci per venire poco dopo fucilati a Giulino di Mezzegra. I corpi vengono trasportati a Milano ed esposti alla folla.

Il 30 aprile Adolf Hitler si suicida nel bunker della Cancelleria assieme a sua moglie Eva. Le forze tedesche in Italia si arrendono e il 1º maggio firmano agli alleati un documento di resa incondizionata, cessando quindi le ostilità. I Tedeschi se ne vanno anche da Cernusco nel giro di pochissimi giorni per lasciare il posto agli Americani, che da Milano arrivano in paese portando con sé la fine della guerra.

Si aggiravano per i vari Comuni a bordo delle loro Jeep consegnando ai civili rifornimenti di cibo e prodotti vari. Ferruccio Barni ricorda in particolare di aver osservato patate dolci, prosciutto, carne in scatola (la corn beef), cioccolato, sigarette, gomme da masticare, latte condensato, penne a sfera. Molto di ciò da noi ancora non esisteva, ma sarebbe in seguito entrato ufficialmente nel costume italiano.

villa Biraghi
villa Biraghi

Sono questi gli anni della guerra filtrati attraverso lo sguardo e le esperienze dirette di un bambino che, seppur nel privilegio, per i primi anni di vita altro non ha vissuto se non la guerra stessa, ricavandone messaggi determinanti e senza il cui significato non sarebbe diventato l’uomo che è oggi. La Redazione lo ringrazia per averci accompagnati verso il 25 Aprile della nostra Cernusco.

Katia Ardemagni

FotoCredits: Web

 

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